La notifica in cancelleria ex art. 16 comma 6 D.L. 179/12 in mancanza di PEC o per suo malfunzionamento colpevole è riservata solo alle cancellerie? Inoltre, la notifica in cancelleria è possibile quando la PEC non è stata rinnovata e non ne risultano altre nei pubblici registri?
Secondo l’art. 16 comma 6 D.L. n. 179 del 2012, “le notificazioni e comunicazioni ai soggetti per i quali la legge prevede l’obbligo di munirsi di un indirizzo di posta elettronica certificata, che non hanno provveduto ad istituire o comunicare il predetto indirizzo, sono eseguite esclusivamente mediante deposito in cancelleria. Le stesse modalità si adottano nelle ipotesi di mancata consegna del messaggio di posta elettronica certificata per cause imputabili al destinatario.”
Molti ritengono che la norma in questione sia mero appannaggio delle cancellerie che grazie ad essa risolvono ogni problema collegato alla mancanza del domicilio eletto dal difensore presso il comune dell’ufficio giudiziario adito, argomento su cui la giurisprudenza si è espressa fin troppo, spesso in modo discutibile. Tuttavia il tenore letterale della norma, ma anche il suo medesimo contesto legislativo, non sembra incontrare alcun limite del genere.
L’articolo è inserito nella sezione “Giustizia Digitale” del D.L. n. 179 del 2012 che comprende gli articoli dal 16 al 18, nei quali non può essere nemmeno astrattamente dedotta l’esclusiva applicazione alle cancellerie. Tuttavia lo stesso titolo dell’art. 16, ossia “Biglietti di cancelleria, comunicazioni e notificazioni per via telematica” può lasciare intendere un’applicazione ristretta a causa della sola presenza del sostantivo “cancelleria”, utilizzato però solo in associazione ai biglietti e non anche alle notificazioni. In tutto il testo dell’articolo solo i commi 4, 7 e 9, contenenti disposizioni differenti dal comma 6, riducono l’ambito di applicazione alle notifiche a cura della cancelleria. Ad onor del vero queste precisazioni non fanno altro che accrescere il dubbio, poiché si potrebbe dedurre che il comma 6, proprio in quanto privo di tale indicazione, si possa applicare anche ad ogni notifica effettuata da soggetti diversi dalle cancellerie. Errore o quanto meno scarsa accortezza del legislatore? Possibile, ma l’estensione interpretativa può determinare una piccola rivoluzione.
Personalmente mi è capitato di affrontare questo scoglio in un paio di occasioni in cui il destinatario ha evidentemente eluso l’obbligo di munirsi di PEC, non rinnovandola e rendendosi altrimenti irreperibile poiché di fatto privo di alcun domicilio.
Nella prima delle due occasioni, addirittura la stessa controparte, prima di diventare tale, mi confessò di avere deliberatamente evitato di rinnovare la PEC poiché di fatto, così diceva, non c’erano reali conseguenze al di là di una ridicola sanzione. In quel caso, anche solo per ripicca, tentai l’impervia strada del comma 6, munendomi altresì della segnalazione a info@inipec.gov.it della PEC registrata non funzionate, ma alla fine ho preferito comunque ricorrere alla notifica “tradizionale”, finita con la classica cartolina e decorrenza dei 10 giorni di giacenza. Quando nel 2016 capitò la seconda volta con un’altra controparte, decisi di inviargli una raccomandata tradizionale, correttamente ricevuta dal destinatario, in cui gli comunicavo la mancata consegna della PEC ed espressamente lo avvertivo che avrei potuto avvalermi del comma 6. Dunque era ineccepibile la prova dell’imputabilità al destinatario della mancata consegna via PEC. Mi costituii in giudizio dal giudice di pace con una citazione notificata in cancelleria, la quale pertanto l’aveva accettata poiché condivideva i miei stessi dubbi interpretativi, ma il GDP, esaurientemente edotto di tutto, non se la sentì di diventare il Robespierre di turno e si limitò a scrivere sul verbale di udienza: “Ritenuto che non vi è prova ad oggi della conoscibilità dell’atto introduttivo da parte della convenuta e che gli effetti della notifica PEC comunque eseguita debbono cedere di fronte alla garanzia superiore del principio del contraddittorio che deve precedere il procedimento e in assenza di giurisprudenza sul punto, invita parte attrice a procedere alla notifica al convenuto dell’atto introduttivo secondo le norme del codice di rito.”
Quanto meno, in base a questo orientamento, una notifica effettuata ai sensi del comma 6 da parte di un soggetto diverso dalle cancellerie può ritenersi al massimo nulla, ma non inesistente.
Partita chiusa? Parrebbe di sì, visto che dal 2016 la giurisprudenza ha dato un orientamento sempre più conforme a riservare il comma 6 alle sole cancellerie.
Tuttavia su diverso fronte la notifica ad una PEC malfunzionante è stata riconosciuta efficace. Secondo la sentenza n. 16365/2018 della Corte di Cassazione, la notifica a PEC registrata da cui consegue un avviso di mancata consegna si da per eseguita correttamente poiché “il mancato funzionamento, per qualunque causa, dell’indirizzo PEC dichiarato dalla società ovvero dall’imprenditore individuale alla Camera di Commercio si ascrive tra le cosiddette irreperibilità ‘colpevoli’ del destinatario sul quale incombe l’onere di comunicare un recapito informatico che lo renda effettivamente raggiungibile“. Al proposito segnalo un articolo molto utile pubblicato su laleggepertutti.it.
Sarebbe comunque auspicabile che il legislatore compia questa piccola rivoluzione correggendo e definendo meglio la portata di ogni misura “estrema”, riferendomi in particolare a chi non comunica la propria PEC al registro di competenza, o quanto meno che vi provveda la giurisprudenza, poiché altrimenti l’obbligo di munirsi di PEC rimarrebbe sostanzialmente una norma imperfetta, la cui violazione sarebbe priva di conseguenze tali da preferirne l’ottemperanza.